Di tanto in tanto – dice – è importante confrontarsi, tra musicisti. Ma per farlo è altrettanto importante che ci sia un luogo apposito, che possa “riunire musicisti di diverso genere e provenienza” e metterli in contatto tra di loro, alimentando la voglia di relazione, di confronto e comunicazione. Una piattaforma, ad esempio, “tutta italiana” come Kleisma, su cui, racconta Beatrice Mercuri, 38 anni, mezzosprano, ci è “capitata per caso”, ma poi approfondendo un po', è entrata in contatto con gli ideatori, “che mi hanno colpito fin da subito per la loro simpatia e per la loro voglia di rivoluzionare il classico sistema di promozione musicale”. E così ha continuato a frequentare Kleisma.
Beatrice Mercuri, quando ha cominciato ad appassionarsi seriamente alla musica?
Non riesco a definire esattamente quando ha avuto luogo questa sorte di “matrimonio con la musica”. Sono nata cantando. Più che una passione, considero la musica un organo vitale, un “terzo polmone”.
Nella sua famiglia si ascoltava musica? Con quali generi è cresciuta, quali le prime passioni?
Non provengo da una famiglia di musicisti ma entrambi i miei genitori ascoltavano diversi generi. Mio padre ad esempio, quando ero bambina, tutte le domeniche mi dava il buon giorno con un sottofondo di musiche di Antonio Vivaldi. Poi, ogni tanto, capitava anche qualche brano di Frank Sinatra ma Vivaldi non mancava mai.
E i suoi genitori l'hanno incoraggiata in qualche modo a intraprendere la carriera di musicista?
Sì, ma loro mi volevano pianista e ancora oggi non si spiegano da dove abbia avuto origine il mio interesse per l’opera lirica, in special modo per quella del Sei-Settecento.
Un amore, quello per la musica, che poi approfondisce anche all'università, a Tor Vergata, dove si laurea in Storia, Scienze e Tecniche della Musica e dello Spettacolo. Che esperienza è stata?
Mi sono laureata il 30 maggio 2006 in una splendida giornata di sole. Avevo già conseguito il diploma di canto in conservatorio ma mi mancava qualcosa. Quella universitaria è stata un’esperienza di completamento musicologico fondamentale. Ho avuto modo di approfondire studi storici e teorici che in seguito ho trovato molto utili in ambito lavorativo.
Quando ha cominciato a specializzarsi nel canto? In conservatorio ha studiato anche pianoforte...
In conservatorio ho iniziato con il pianoforte e poi ho affiancato il canto lirico, per poi continuare esclusivamente con questo. Dopo il diploma magistrale in conservatorio e la laurea universitaria, non sapendo come proseguire, ho deciso di frequentare il biennio di specializzazione al Santa Cecilia. Al contempo sono entrata in contatto con artisti di fama internazionale come Marina Comparato, Susanna Rigacci, Pietro Spagnoli, Sonia Prina, Monica Bacelli, imparando da loro diversi “trucchi del mestiere”. Non provenendo da una famiglia di musicisti, è sempre stato difficile per me crearmi un “modus operandi” in ambito artistico.
Come ha ricordato, molti sono stati gli incontri importanti nella sua carriera. Cosa le hanno lasciato quelle esperienze? Con Monica Bacelli, ma anche con Elizabeth Norberg-Schulz ed Erling R. Eriksen? Quanto è importante confrontarsi con loro per la sua crescita? E al Mozarteum di Salisburgo con Gemma Bertagnolli, Torsten Übelhör e Thomas Albert?
Dopo gli studi universitari e di conservatorio, ho seguito diverse masterclass, quelle più determinanti presso la prestigiosissima Accademia Filarmonica Romana ed al Mozarteum a Salisburgo. Ho avuto modo di relazionarmi non solo con maestri di alto livello ma anche con colleghi provenienti da diversi Paesi. È stata una grandissima opportunità di crescita artistica nonché di confronto internazionale. Monica Bacelli, soprattutto, è stata ed è tutt’ora un grande punto di riferimento.
Si è esibita in moltissimi teatri, anche all’estero, e con molti repertori. Quale tra questi ricorda come un momento di svolta o comunque fondante del suo percorso? E perché?
Ogni esperienza lavorativa mi ha lasciato dei validi insegnamenti. In particolare sono state due le opportunità di svolta, dalle quali ho avuto, in seguito, altri contratti: il concerto con Fiorenza Cossotto e il Maestro Paolo Subrizi, e il debutto al Mozarteum con l’orchestra giovanile barocca di Brema diretta dal Maestro Thomas Albert.
Ci sono dei generi che preferisce? E quali?
Mi piace l’opera. Adoro in modo particolare la musica di Antonio Vivaldi e del periodo barocco in generale. Mi diverte molto anche la musica di George Gershwin.
Cosa significa riportare all'oggi repertori come quello barocco, musiche antiche del '600 o del '700?
Riportare alla luce bella musica è sempre qualcosa di straordinario. Capita di stare di fronte a copie di manoscritti o di prime edizioni a stampa, in chiave antica e, per meglio eseguirla, si deve scegliere la versione più corretta con l’interpretazione più giusta, senza poter ascoltare altre incisioni precedenti. Affascinante direi! Significa mettere la firma: entusiasmante!
Ha anche affrontato repertori più contemporanei, anche jazz o pop, come per esempio cose dei Matia Bazar. Come si trova con questi tipi di linguaggi?
Mi piace di tanto in tanto cantare le musiche di Gershwin. Lo faccio senza cambiare le tonalità, come è ormai di uso comune nel repertorio moderno. Ho eseguito più volte questo repertorio accompagnata dal pianoforte, o da un quartetto sax, o anche da un’orchestra di fiati di cinquanta elementi. Con la musica pop, se è ben scritta, non ho alcun problema.
Che passioni ha oltre alla musica?
Mi piace disegnare, camminare e insegnare musica ai ragazzi. Purtroppo il poco tempo a disposizione non mi consente di praticare con costanza queste attività.
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